IL DISCORSO DEL GUERRIERO
Di me hanno scritto «…nato da un padre che eccelleva per saggezza, e insigne guerriero e condottiero egli stesso», ma ero soltanto un uomo fiero di appartenere ad un popolo indomito e valoroso.
Ricordo queste terre. I colori, gli odori e il soma delle genti mi riportano alla mente tempi straordinari.
Sono trascorsi oltre ventitré secoli dall’evento che si svolse in questi luoghi, ma è ancora vivido il ricordo.
Proprio qui, dove ora siete voi, popoli di Arpaia e di Pietrabbondante, accerchiammo le legioni romane e le sottoponemmo alla più umiliante disfatta della storia dell’impero.
Siamo nei luoghi delle Forche Caudine.
Se chiudo gli occhi vedo ancora i guerrieri romani quasi ignudi e i loro volti impauriti passare sotto il “giogo” mentre nei nostri occhi fieri vi era il riscatto di un popolo.
Ci dipingevano come combattenti assai valorosi ma anche spietati, pronti ad uccidere i prigionieri con grande freddezza; eppure li lasciammo vivere in cambio di un accordo di pace vantaggioso per il nostro popolo.
Proposi loro condizioni di pace con parità per vinti e vincitori: se i Romani avessero abbandonato il territorio sannita e ritirato le colonie, i nostri popoli in futuro sarebbero vissuti ciascuno secondo le proprie leggi, stringendo un patto di alleanza alla pari.
I codardi, consci di non avere scampo, si ritirarono tra Calatia e Caudium con l’impegno solenne di accettare le condizioni proposte; ma i consoli Tiberio Veturio Calvino e Spurio Postumio Albino Caudino, uomini senza valore, non fecero mai ratificare dal Senato e dal Popolo Romano la pace accettata solo con l’intento di sfuggire alle nostre lance.
Rimandai indietro due prigionieri romani con queste parole sprezzanti: «Né io accetterò questa consegna, né i Sanniti la riterranno valida. Perché tu, Spurio Postumio, se credi che gli dèi esistano, non consideri nullo l’intero accordo, oppure non ti attieni ai patti? Al popolo sannita vanno consegnati quelli che sono stati in suo potere, o al posto loro va riconosciuta la pace. Ma perché dovrei rivolgermi a te, che ti consegni nelle mani del vincitore, mantenendo, per quel che è in tuo potere, la parola data? È al popolo romano che mi appello: se è pentito della promessa fatta alle Forche Caudine, allora deve riconsegnarci le legioni all’interno della gola dove sono state accerchiate».
Per questo ho pagato con la dura prigionia e con la morte per decapitazione.
Sanniti (urlando)!!!
Non abbassate mai la testa; combattete per il vostro futuro senza dimenticare il glorioso passato che vi appartenne.
Io ora sono tornato! Sono qui per ricordarvi che siamo tra i pochi popoli che neanche Roma potette domare!
Sono Gaio Ponzio il Sannita ed il mio volto d’ora in poi campeggerà su questa parete come monito per chiunque vorrà minacciare ancora il nostro popolo.