L’Abbazia di San Fortunato

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Supporto Testuale: La Storia

Presumibilmente ti trovi in presenza di uno dei più significativi complessi Abbaziali dell’Alto Medioevo. Questo lo si può dedurre dalla lettura dei resti affioranti e dall’imponenza delle masse Architettoniche esistenti.

L’area occupata nell’antichità era molto più estesa di quella attuale e questo lo si può comprendere dall’osservazione dell’area relativa al piano di calpestio e dal conforto con i documenti d’archivio.

Arpaia il luogo dove nell’anno 848 avvenne la battaglia tra Radelchi (pricipe di Benevento) e Siconolfo (pricipe di Salerno). Radelchi vi rimase sconfitto.

L’anno seguente fu stipulato un accordo grazie al quale  Siconolfo rimase principe di Salerno con i gastaldati di Forche (cioè di Arpaia), Sarno, Cimitile, Capua e Radelchi, principe di Benevento, con quelli di S. Agata dei Goti, Telese, Alife, Isernia, Campobasso, Bari, Brindisi ecc.

Mentre Airola e tutto il resto della valle caudina restò a Radelchi, Arpaia, essendo stata conquistata da Siconolfo con la suddetta battaglia, passò a Salerno che a quei tempi aveva come protettore S. Fortunato. Non deve farti perciò meraviglia che i salernitani costruissero ad Arpaia, luogo di confine di eccezionale importanza strategica, una chiesa in onore del loro patrono.

Il primo documento scritto, che è stato finora rintracciato e che riguarda  la nostra abbazia è del 1278, e perciò assai tardivo.

Ci sono vari documenti nei Registri della Cancelleria Angioina dove la troviamo indicata con la denominazione «Monasterium Sancti Fortunati de Monte Virgilii in Principatu».

Nei documenti successivi, intorno al 1500, viene denominata come priorato. Quando e perché essa sia diventata priorato, ossia piccola casa religiosa alle dipendenze di un monastero più grande, non lo sappiamo. Possiamo supporre che il terremoto, che nel 1456 distrusse completamente Arpaia, abbia danneggiato gravemente anche la nostra abbazia, nella quale sarebbero perciò rimasti solo pochi monaci.

La più antica descrizione dell’abbazia, che gli studiosi sono riusciti a trovare sinora è dell’anno 1686. In essa leggiamo:

<< Possiede:

– la chiesa fatta a volta

– la camera dell’eremita attaccata alla chiesa

– sotto la chiesa vi è la cantina con scala

– campanile  con due campane, una grande e l’altra piccola

– cortiglio con pozzo in mezzo al cortiglio, con due colonne di marmo intorno al pozzo …>>

Il campanile, la chiesa, ed il pozzo con le due colonne collocatevi accanto in direzione est-ovest, esistono tuttora. La chiesa a cui si fa riferimento è la stessa di oggi.

Al di sotto del pavimento c’è anche lo spazio allora utilizzato come cantina. Vi si accedeva attraverso una botola situata in sacrestia nell’angolo a destra appena si entra dall’esterno. La sacrestia a sua volta era formata da due stanze, che diventarono una sola, togliendovi il muro divisorio, in occasione dei restauri del 1962-63.

Oggi la nostra badia di S. Fortunato è ridotta alla sola chiesetta con lo spiazzo antistante, al campanile, e al piccolo orto attiguo.

In tutto questo insieme la prima cosa a cui ti chiediamo di prestare attenzione e che, generalmente,  colpisce lo sguardo del visitatore è l’antica torre campanaria, posta quasi a guardia dell’intera costruzione che le si affiancava da tutti e tre i lati, e insieme ne costituiva anche l’ingresso principale o, forse, unico.

Vogliamo richiamare la tua attenzione sul meraviglioso arco in tufo giallo a sesto acuto finemente lavorato sul lato orientale, e, specialmente al piano delle campane la bellissima bifora. Originariamente la cella campanaria presentava quasi sicuramente quattro bifore. Al posto delle altre tre, cadute in seguito a terremoti o a completa mancanza di manutenzione del fabbricato, vediamo altrettanti archi a tutto sesto in tufo.

Molto interessante è anche la robusta scala a chiocciola con scalini monolitici di calcare bianco a incastro.

Ti facciamo notare, inoltre, che sono presenti e visibili segni di  fabbricazioni  sovrapposte e addossate l’una all’altra attraverso i secoli in occasione di restauri o di rifacimenti. Queste sovrapposizioni ed aggiunte, di natura e di stile diverso, mostrano chiaramente che la vita dell’abbazia è stata abbastanza fiorente per un lungo periodo di tempo.

Textual Support: The History

Presumably you find yourself in the presence of one of the most significant abbey complexes in the early Middle Ages. This can be deduced from observing the emerging remains and from the majesty of the existing architectural masses.

In ancient times the occupied area was much more extended than the current one, and you can understand this from observing the area relating to the walking surface and from some archival documents.

Arpaia was the place where the battle between Radelchis (prince of Benevento) and Siconulf (prince of Salerno) occurred in the year 848. Raldechis was defeated.

The following year a treaty was signed thanks to which Siconulf remained prince of Salerno with the Gastalds of Forche (that is Arpaia), Sarno, Cimitile, Capua, and Radelchis, prince of Benevento, with those of S. Agata de’ Goti, Telese, Alife, Isernia, Campobasso, Bari, Brindisi etc.

While Airola and all the rest of the Caudina Valley remained to Radelchis, Arpaia, which had been conquered by Siconulf in the aforementioned battle, passed to Salerno which had St. Fortunato as its protector at that time. So, it must not surprise you that the people of Salerno built a church in honor of their patron in Arpaia, borderline of exceptional strategic importance.

The first written document that has been tracked back so far and that regards our abbey dates to 1278, therefore it’s very late.

There are many documents in the Registers of Angevin Chancellery where we find it denominated “Monasterium Sancti Fortunati de Monte Virgilii in Principatu”.

In the following documents, around 1500, it’s denominated as a priory. We don’t know when and why it became a priory, that is a small religious house depending on a larger monastery. We can suppose that the earthquake which destroyed Arpaia completely in 1456 had damaged seriously also our abbey, in which only a few monks would have stayed.

The most ancient description of the abbey that scholars managed to find up until dates 1686. In it we read:

“It owns:                     

  • The vaulted church

  • The hermit’s room attached to the church

  • Under the church there’s a cellar with a staircase

  • A bell tower with two bells, a big one and a small one

  • A courtyard with a well in the middle and two marble columns around the well”

The bell tower, the church and the well with two columns placed next to it in an east-west direction still exist. The church to which we refer is the current one.

Under the floor there’s still the space used at that time as cellar. You could access to it through a trapdoor located in the sacristy in the right corner once you’ve entered from outside. The sacristy itself was divided into two rooms that became a whole one, removing the dividing wall during the 1962-63 restorations.

Today our St. Fortunato abbey is reduced to the single church with the open space in front of it, the bell tower and the small vegetable garden right next. In all this totality the first thing we ask you to pay attention to and that generally strikes the viewer is the old bell tower, almost guarding the whole building that flanked it on all the three sides and together constituted the main entrance or, very probably, the only one.

We want to get your attention on the wonderful, pointed arch in yellow tuff finely worked on the east side, and, especially at the level of the bells, the beautiful mullioned window. Originally the bell cell had almost certainly four mullioned windows. Instead of the other three, fallen because of earthquakes or a complete lack of maintenance of the building, we can see as many rounded arches in tuff.

The sturdy spiral staircase with interlocking monolithic steps of white limestone is also very interesting.

Furthermore, we make you notice that there are visible signs of overlapping and leaning buildings over the centuries on the occasion of restorations or reconstructions. These overlaps and additions, of a different nature and style, clearly show that the life of the abbey has been quite flourishing for a long period of time.

Our journey ends here for now, these walls are full of history, and we hope that this echo from the past has reached and involved you. There should be much more to tell. If you want to know more, we invite you to listen to the section dedicated to further information or the one dedicated to Stories and curiosities. We thank you: your presence has enriched this place; we invite you to relive it and also your story will resound in the wind.

Storie e Curiosità

La croce sulla colonna Romana e le disavventure del cardinale Orsini

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Supporto Testuale: La croce sulla colonna Romana e le disavventure del cardinale Orsini

Non sappiamo se hai notato che al bivio dell’Appia con la via che sale a S. Fortunato c’è su un recente basamento un tronco di colonna romana. Nei secoli XVI e XVII era frequente l’uso di innalzare colonne, generalmente sormontate da una croce, quasi a dare il benvenuto a quelli che arrivavano. Nel nostro caso è molto più facile che sia stata messa a segnare il confine tra le diocesi di Benevento e quella di S. Agata e in seguito servì anche a indicare l’inizio della strada che portava alla vicina abbazia.

Questa colonna, la cui parte superiore è scomparsa, richiama alla nostra mente una curiosa storiella riportata dal Montella:

Il Card. Orsini, recandosi a S. Fortunato, si fermò davanti alla colonna per adorarvi la croce di legno, senonché mentre se ne stava inginocchiato in preghiera, la croce cadde e gli andò a finire sulla testa. Il cardinale indispettito avrebbe maledetto Arpaia.

Un’anziana signorina, che abitava nelle immediate vicinanze della colonna dall’altra parte dell’Appia e morta nel marzo del 1973 alla quale avevano parlato di questa storiella, rispose che essa rispondeva a verità, e riferì che i suoi lontani antenati (De Simone), grandi produttori e ricchi commercianti di vino, si erano ridotti improvvisamente in miseria proprio in seguito alla maledizione di un importante prelato, la quale aveva fatto sì che in quell’anno in tutto il paese si raccogliesse neppure un grappolo d’uva.

Non sappiamo quanta verità ci sia dietro questo racconto, che non è riportato nella biografia del Cardinale Orsini, ma ci piace raccontarla, tramandare alle generazioni future questa voce che viene dal passato e mantenere viva la fiamma del mistero e della curiosità.

Textual Support: The Cross On The Roman Column And The Misadventures Of Cardinal Orsini

We don’t know if you noticed that at the crossroads of the Appian Way with the way that goes upon St. Fortunato there’s a Roman column trunk on a recent base. In the 16th and 17th centuries it was common to raise columns, generally surmounted by a cross, as if to welcome those ones who arrived. In our case it’s much easier that it was placed as a border between the dioceses of Benevento and S. Agata, and that later it served also to indicate the beginning of the road that led to the near abbey.

This column, whose upper part disappeared, recalls to our mind a curious story, reported by Montella:
Cardinal Orsini, on his way to St. Fortunato, stopped in front of the column to adore the wooden cross, but when he lied on the knees to pray the cross fell on his head. The irritated cardinal would have cursed Arpaia.

An old woman, who lived in close proximity to the column on the other side of the Appian Way and died in March 1973, said that it was the truth, and reported that her distant ancestors (De Simone), large producers and wealthy wine merchants, were suddenly reduced to misery just after the curse of an important prelate, who had made it so that in that year not even a bunch of grapes would have been collected.

We don’t know how much truth there is behind this story, which is not reported in the biography of cardinal Orsini, but we like to tell it, to hand down to the future generations this voice that comes from the past and to keep alive the flame of mystery and curiosity.

La Testa di San Fortunato

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Supporto Testuale: La Testa di San Fortunato

Come abbiamo già detto, la più antica descrizione dell’abbazia, che gli studiosi sono riusciti a trovare sinora è dell’anno 1686 e in essa si legge:

<< la suddetta chiesa ha con sé una reliquia insigne di una testa del medesimo S. Fortunato dentro un nicchio indorato >>

Una reliquia molto venerata dal popolo di Paolisi e di Arpaia, e conservata in questa chiesa per circa 250 anni era, infatti, la cosiddetta Testa di S. Fortunato.

Per tenerla a riparo da eventuali furti, così facili a verificarsi in quella chiesa campestre, essa era stata affidata in custodia ai frati francescani del locale convento di Arpaia.

Senonché avvenne che, dietro insinuazioni e insistenze dell’Arciprete e di parte del popolo

«l’autorità laica della Terra di Airola abbia ardito di entrare violentemente nel Convento di S. Maria delle Grazie dei Frati Minori Osservanti di Arpaia, diocesi di S. Agata dei Goti, ed indi estrarre la Reliquia del Capo di S. Fortunato che vi si conservava per modo di deposito» (34).

Individuati i colpevoli iniziò il processo contro di essi. Questi però riconobbero la propria colpa, e restituirono al convento la Testa di S. Fortunato e grazie al loro pentimento e all’avvenuta restituzione della reliquia furono assolti dalla scomunica.

Passò appena qualche mese e tutti di nuovo si misero in movimento: I frati perché la testa del Santo restasse nella chiesa del convento, i preti perché venisse conservata in quella arcipretale, e quelli di Paolisi perché rimanesse nella chiesetta di S. Fortunato (40).

 Vinsero questi ultimi. La consegna avvenne il giorno 11 agosto 1701 con atto steso per mano del Cancelliere della Curia.

 Fino a qualche anno prima dell’ultima guerra mondiale verso maggio-giugno era portata in processione a Paolisi, dove rimaneva per qualche tempo finché non veniva di nuovo restituita ad Arpaia.

La mattina del 3 agosto 1856, dalla chiesa arcipretale di Paolisi dove era stato portata nei giorni precedenti, per implorare la pioggia, essa tornava ad Arpaia.

«La grazia fu loro fatta da alcuni giorni; e nel riportarla questa mattina nel proprio romitaggio, dovendosi passare per una strada stretta, è caduto a terra lo scaravattolo (la piccola nicchia) entro cui sta la testa solo del Santo, e si son rotte lastre, ed alcuni denti caduti».

Così scriveva (41) D. Antonio Giordano all’arcivescovo di Benevento per informarlo dell’accaduto.

È rimasta nella sua chiesetta sino alla fine del 1943 o agli inizi del 1944, allorché fu distrutta dagli inglesi ivi accampati, i quali (in base a quanto hanno affermato alcuni testimoni oculari) vi si divertivano quasi come a giocarvi a pallone.

Textual Support: St. Fortunato’s Head

As we already said, the oldest description of the abbey, that scholars managed to find until now, dates 1686. We read in it:

“The aforementioned church has with it a distinguished relic of a head of the same St. Fortunato inside a golden niche”.

A very revered relic from Paolisi and Arpaia’s people, which has been preserved in this church for about 250 years, was the so-called St. Fortunato’s head. To protect it from eventual thefts, so easy to happen in that country church, it was entrusted to the Franciscan friars of the local convent of Arpaia in custody.

But it happened that, following insinuations and insistence of the archpriest and part of the people “the secular authorities of the Land of Airola have dared to enter violently into the convent of Santa Maria delle Grazie of the Observant Friars Minor of Arpaia, diocese of S. Agata de’ Goti, and from there to extract the relic of the head of St. Fortunato which was kept there as a deposit.”

Once the culprits were found, the process began against them. But these ones recognized their fault, and returned the head of St. Fortunato to the convent, and because of their repentance and the return of the relic they were absolved from the excommunication.
A few months passed and everyone started moving again: the friars, so that the head of the saint remained in the church of the convent; the priests so that it was preserved in the church of the archpriest, and those of Paolisi, so that it remained in the little church of St. Fortunato.

The latter ones won: the delivery happened on the 11th August 1701, with an act drawn up by the Chancellor of the Curia. Until a few years before the last world war, in about May-June it was carried in procession to Paolisi, where it remained for some time until it was returned to Arpaia again.

In the morning of 3rd August 1856, it returned to Arpaia from the archpriest church of Paolisi where it had been carried in the previous days, to beg for rain.

“The grace was given to them a few days ago: and this morning, while returning it to its hermitage, having to pass for a narrow street, the small niche in which only the Saint’s head stays has fallen to the ground, and the plates have broken, and some teeth have fallen.”

Don Antonio Giordano wrote this to the archbishop of Benevento to inform him of what had happened. It has remained in its little church until the end of 1943 or the beginning of 1944, when it was destroyed by the English people encamped there, who enjoyed it and used it almost like playing football, according to what some eyewitnesses have said.

Il furto della campana

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Supporto Testuale: Il Furto Della Campana

Tra le cose che a S. Fortunato la gente ricorda con maggior rimpianto c’è sicuramente la grossa campana che dall’alto della massiccia e imponente torre campanaria faceva sentire la sua voce anche nei paesi vicini. A detta di tutti, la grandezza, il timbro e la sua intensità sonora era molto simile a quella della campana dell’Annunziata di Airola. Ora essa non c’è più. Venne rubata nella notte fra l’11 e il 12 settembre dell’anno 1953 o 1954. Il fatto produsse sorpresa, rammarico e indignazione in tutto il popolo.
I ladri rimasero sconosciuti. Per portarla via segarono le due travi uera stata ridotta a pezzi alcuni dei quali, infatti, vennero trovati sul posto il mattino seguente.

Textual Support: The Theft Of The Bell

Among the things that people remember with more regrets of St. Fortunato there is surely the big bell that, from the top of the massive and imposing bell tower made its sound heard even in the neighboring villages. By all accounts, its size, timbre, and sound intensity were very similar to that of the bell of the Annunziata of Airola. Now there isn’t anymore. It was stolen in the night between 11th and 12th September in the year 1953 or 1954. The fact produced surprise, regret, and indignation in all the people: the thieves remained unknown. To take it away they sawed off the two beams: one of them had been torn to pieces, some of which, in fact, were found on the spot the next day.